Una verità irrisolta

Una verità irrisolta
ispirazione quindi impegno

lunedì 31 agosto 2009

Radiovaticana: Dalit e diritti

India: richiesto il diritto di casta per i dalit convertiti al cristianesimo e all'islam

◊ I membri della maggioranza progressista dell'Assemblea legislativa dello Stato indiano dell'Andhra Pradesh hanno invitato il Governo a procedere all'assegnazione dello status d'appartenenza di casta (Sc) nei confronti dei dalit convertitisi alla religione cristiana e musulmana. L'invito – di cui riferisce L’Osservatore Romano – è stato espresso dalla maggioranza dei deputati a favore dei dalit convertitisi e per essere tradotto in un testo legislativo richiede comunque l'emendamento della Costituzione federale nella quale alle popolazioni dalit cristiane e musulmane non viene per ora assegnata alcuna casta. Tuttavia anche tra i deputati del parlamento dell'Andhra Pradesh vi sono forti contrasti. Quelli appartenenti allo schieramento dei partiti conservatori si oppongono a un provvedimento che, se venisse approvato, potrebbe cambiare le condizioni di quanti finora vivono ai margini della società. Il problema del riconoscimento dello "Sc" per i dalit convertitisi al cristianesimo e all'islam ha anche risvolti di tipo economico. Tale tipo di riconoscimento, infatti, implicherebbe per migliaia di cittadini appartenenti al ceto più povero della popolazione la possibilità di avere accesso alle quote programmate per i lavori nell'ambito dell'amministrazione statale. Il riconoscimento dello "Sc" avrebbe inoltre risvolti positivi per i ragazzi delle famiglie dalit in quanto darebbe loro la possibilità di poter ottenere borse di studio e altri benefici previsti dal sistema scolastico indiano per aiutare i ragazzi che studiano con profitto. Il sacerdote Anthoni Raj Thumma, segretario esecutivo della Federazione delle Chiese nello Stato dell'Andhra Pradesh, commentando la mozione avanzata dai deputati del parlamento, ha sottolineato che la possibilità di poter emendare la Costituzione in favore dei dalit convertiti è abbastanza concreta. Padre Thumma ha infatti ricordato che la Costituzione indiana è già stata precedentemente emendata per ben due volte per permettere l'assegnazione dello status d'appartenenza di casta ai dalit convertitisi alla religione sikh e a quella buddista. Per il religioso è quindi probabile che anche ai dalit cattolici dell'Andhra Pradesh possa finalmente essere riconosciuto un diritto che per loro è essenziale per uscire fuori da una condizione di emarginazione sociale. (R.G.)

Radiovaticana: il Sudan

Fame e povertà in Sudan. L'appello di mons. Mazzolari

◊ Siccità, carestia, povertà, una pace fragile, milioni di sfollati e orfani di guerra: questa è la tragica situazione del Sudan, il più grande Paese dell’Africa, ricchissimo per le risorse naturali, così poco sfruttate dalla popolazione sudanese. Di tutto questo Luca Collodi ha parlato con mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, una città nel sud del Paese:

R. - La situazione attualmente in Sudan è di una pace firmata più di quattro anni fa, però è una pace molto fragile e messa in pericolo da molti conflitti. Il più noto è quello del Darfur ma a sud del Darfur esistono due altre zone della parte nord del Sudan molto in pericolo e poi al sud ci sono molti conflitti minori che mettono in pericolo la pace ma soprattutto che indicano che c’è una mano esterna, forse dal nord, che accende questi conflitti, porta le armi, porta una tattica nuova per creare dissenso e divisione tra la gente. Questo è deleterio per la pace, soprattutto in vista delle elezioni che dovevano essere nel luglio 2009 e invece, finalmente, dovrebbero avvenire nell’aprile del 2010.


D. – Che cosa stanno facendo le Chiese in questo momento così importante per il Sudan?


R - Il Consiglio ecumenico di Khartoum si è riunito dal 10 al 14 di agosto per dire due cose: richiamare la popolazione sudanese, soprattutto i cristiani, a fare di Dio la legge principale e il sostegno principale della propria vita, con l’obbedienza alla nostra fede. Poi, rivolgendosi ai dirigenti, di amare la gente e di lavorare per il bene comune, perché loro saranno i governanti che dovremmo rieleggere. Inoltre il Consiglio ecumenico si è rivolto accoratamente alla comunità internazionale, ai Paesi del Corno d’Africa e a tutte le Ong che operano nel Sudan, affinché vengano nel Paese in modo che la nostra povera gente sia istruita su come fare le elezioni e poi per supervisionare le elezioni stesse e provvedere con mezzi sufficienti perché sia un voto per tutti, non solo per pochi, e che finalmente i risultati di queste elezioni siano obiettivi, internazionalmente riconosciuti e non soltanto approvati o decisi da Khartoum come avviene usualmente.


D. – Mons. Mazzolari la povertà della popolazione riguarda soprattutto il sud Sudan o tutto il Paese?


R. – Principalmente è al sud ma la situazione di povertà è estesa in tutto il Sudan e nelle zone appena sopra il 12.mo parallelo e nelle zone del Darfur. Viviamo nella più grande ristrettezza, miseria, l’economia è veramente fallimentare quindi la comunità internazionale deve vedere e valutare come può intervenire per prevenire una fame che sta dilagando perché anche la natura sembra che sia contro di noi! Non piove e siamo a metà della stagione delle piogge. Nel sud nessuno ha coltivato perché non piove e quindi ci sarà la fame, e noi dipendiamo dalla comunità internazionale. Soprattutto il Pam, il Programma alimentare mondiale dell'Onu, dovrebbe intervenire per sfamare almeno i più piccoli, i più poveri, e mantenerci in vita come ha fatto durante la guerra.

domenica 23 agosto 2009

Radiovaticana: anniversario India

In India veglie e preghiere ad una anno dalle violenze anticristiane in Orissa. Il cardinale Toppo: si deve pregare insieme per l'unità e la pace

◊ Oggi ricorre in India il primo anniversario delle violenze contro i cristiani dell'Orissa costate la vita ad almeno 123 persone. Per ricordare e pregare si celebra il “Giorno della pace e dell’armonia”, promosso dalla Conferenza episcopale indiana. Sugli obiettivi della Giornata si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, l'arcivescovo di Ranchi, il cardinale Telesforo Placidus Toppo:

R. – Radunare insieme tutti i popoli credenti di diverse religioni, trovare una via per la pace. Penso perciò che adesso si debba iniziare un dialogo, pregare insieme per l’unità e la pace.


D. – La preghiera odierna è un coro di speranza al quale si uniscono anche altre voci oltre a quella cristiana. Si deve poi sottolineare che l’anima dell’India è profondamente pacifica. Possiamo dire che il dramma delle violenze contro i cristiani è stato un male passeggero?


R. – Non può passare finché non troviamo un modo per vivere insieme in pace. Non è passato perché tante persone soffrono ancora, vivono nel campo dei rifugiati. Non abbiamo trovato ancora il modo per ripristinare la pace. E’ la prima volta che i cristiani soffrono così tanto. Per l’India questa è una disgrazia.


D. – Quale appello lancia oggi la Chiesa indiana agli estremisti?


R. –La violenza non è una soluzione. La tradizione indiana non parla di violenza. Perciò, come tutti gli indiani, dobbiamo vivere insieme, cercare un dialogo pacifico come fratelli, riconoscendo l’altro come un indiano, un fratello. Solo così possiamo vivere. Questo è un appello che Gandhi aveva già fatto in passato.

sabato 15 agosto 2009

Radiovaticana: scontri a Rafah

Gaza: 22 morti in scontri tra Hamas e integralisti filo-al Qaeda

◊ È finita con l'assalto a una moschea da parte delle milizie di Hamas, con un bilancio di almeno 22 morti, oltre 120 feriti, tra cui Abdel-Latif Mussa, leader del gruppo salafita islamico ispirato da al Qaeda, la sanguinosa battaglia urbana fra radicali e ultraradicali islamici scatenatasi ieri sera a Rafah, a sud della Striscia di Gaza. Il servizio di Virginia Volpe


A innescare lo scontro, sfociato in massacro, è stato l'incendiario sermone pronunciato in occasione della preghiera del venerdì da Abdel-Latif Mussa, medico e leader riconosciuto di un gruppo emergente fedele agli slogan del jihad internazionalista che accusa Hamas di mollezza nell'applicazione della legge coranica. Al grido di “noi apparteniamo ad al Qaeda, Osama Bin Laden è la nostra guida”, Mussa si è lanciato in una filippica contro Hamas, salito al potere a Gaza nel 2007 dopo aver battuto e confinato alla sola Cisgiordania i rivali laico-nazionalisti di Fatah. Asserragliato con i suoi nella moschea-roccaforte di Rafah, Mussa ha rinfacciato a Hamas di cercare contatti “con i leader occidentali invece di attuare la Sharia”, ma anche di aver “confiscato ai “Guerrieri di Dio” un carico di armi. Dopo pochi minuti, la polizia di Hamas è piombata sul posto ed è cominciato l'inferno. Dapprima una sparatoria breve. Quindi l'intervento di rinforzi su entrambi i fronti, e infine lo scontro aperto, con armi automatiche, razzi ed esplosivi. Finchè le forze di Hamas non sono riuscite a espugnare il covo dei rivoltosi. Intervenendo in un'altra moschea, il premier dell'autoproclamato governo di Hamas a Gaza, Isamil Hanyeh, si era premurato di assicurare che nella Striscia non ci sono “'mujaheddin” afghani, iracheni o di qualunque altro Paese venuti a spargere il verbo di al Qaeda. E aveva bollato le voci circolate al riguardo come frutto della “propaganda sionista”.

Radiovaticana: 30 anni dall'uccisione di Mons. Romero

La Chiesa salvadoregna prepara le celebrazioni per i 30 anni dall'uccisione di mons. Romero

◊ La Chiesa cattolica del Salvador inizia oggi una serie di attività, che culmineranno nel marzo 2010, per ricordare i 30 anni dalla morte di mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador che fu assassinato il 24 marzo del 1980 mentre celebrava la Messa in una cappella. Durante le celebrazioni del 24 marzo 2010, la comunità locale auspica la presenza del cardinale Rodolfo Quezada, arcivescovo di Guatemala, e del postulatore della causa di canonizzazione di mons. Romero, il vescovo di Terni mons. Vincenzo Paglia. Domani ci sarà un pellegrinaggio che partirà dalla cappella dove è stato ucciso il presule e arriverà al parco Cuscatlan, dove sarà celebrata la Messa. Nei sette mesi che precedono l’anniversario saranno, inoltre, organizzati incontri di discussione, settimane teologiche, concorsi d’arte, canti e poesie in onore dell’arcivescovo che è stato definito come la voce di chi non poteva parlare. (V.V.)

Radiovaticana: la Festa dell'Assunzione

Sri Lanka. Festa dell’Assunzione: si prega per la pace

◊ Pregano per la pace nel Paese e per le migliaia di sfollati che la guerra ha causato, i cattolici dello Sri Lanka riuniti per la Festa dell’Assunta nel santuario di Nostra Signora di Madhu. Principale luogo di culto mariano del Paese e meta di tradizionale pellegrinaggio, il santuario si trova a Mannar, 220 km a nord della capitale Colombo, in un territorio martoriato dalla guerra e rimasto per lungo tempo sotto il controllo delle Tigri Tamil. Ieri, riferisce Asianews, qui è stata celebrata la Messa dell’Assunzione della Vergine Maria, cui hanno preso parte moltissimi fedeli che hanno potuto raggiungere il luogo grazie anche ai mezzi di trasporto e ai collegamenti messi a disposizione dal governo. È record di pellegrini, infatti, nel mese di agosto di quest’anno, per il santuario di Nostra Signora di Mahdu, visitato da oltre 30mila fedeli solo negli ultimi giorni. Molti, però, denunciano i guadagni del governo, che ha messo a disposizione treni e pullman “non gratuiti” e lo accusano di aver mischiato una festa religiosa con la propaganda politica. Nel contempo esprimono sconforto per gli sfollati del nord dello Sri Lanka, chiusi in campi profughi nell’impossibilità di partecipare al pellegrinaggio. I sacerdoti cattolici, inoltre, si sono uniti ai pastori protestanti nell’augurio che presto ci si possa riunire “come un’unica famiglia” senza la tragedia “delle persone rinchiuse nei campi profughi”. (R.B.)

venerdì 14 agosto 2009

Dalla Radiovaticana Mons. Vial

Cile. Mons. Vial: i mapuches difendano la loro identità

◊ “La violenza certamente non è la strada giusta”, ha detto ieri il vescovo di Temuco, Cile, mons. Manuel Camilo Vial, commentando addolorato la morte di un attivista di 24 anni dell’etnia Mapuche, Jaime Facundo Mendoza Collío, ucciso mercoledì scorso da un poliziotto mentre le forze dell’ordine tentavano di mettere fine all’occupazione di terre nella regione dell’Araucania, dove si registra la maggiore presenza di indigeni. Si tratta, tra l’altro, di una regione a 650 chilometri a sud della capitale dove, da diversi anni, permane insoluto un grave conflitto tra le comunità Mapuche e gli agricoltori cileni che si accusano a vicenda di usurpazione delle terre. “C’è un morto, ci sono feriti, si è rotta la fiducia reciproca, ci sono danni morali, e tutto ciò ostacola la soluzione di un conflitto che si protrae da secoli”, ha commentato il presule proprio nel momento in cui il presidente della Repubblica, Michelle Bachelet lamentava con preoccupazione questo grave incidente. “Nulla giustifica la violenza nell’Araucani. Dobbiamo capire presto che l’unico cammino per risolvere le legittime e storiche richieste del popolo Mapuche è il dialogo”, ha osservato il capo di Stato esprimendo “dolore, partecipazione e solidarietà”. Riflettendo su questo dialogo auspicato e necessario, mons. Manuel Camilo Vial ha rilevato che è urgente “conoscere le persone con le quali dobbiamo interagire”. “E’ chiaro, ha aggiunto, che sino ad oggi non abbiamo saputo vivere insieme come due popoli nello stesso territorio”. Ricordando il lungo conflitto, il presule ha sottolineato che il popolo Mapuche per lunghi e troppi anni ha subìto incomprensioni e umiliazioni; spesso è stato emarginato al punto di diventare un popolo impoverito che però possiede molti grandi valori”. Secondo mons. Manuel Camilo Vial occorre che “tutte le istituzioni assumano il loro giusto ruolo nel rispetto reciproco e nel dialogo poiché si tratta di affrontare un problema importante: la coesistenza di due culture (…) e ciò esige soprattutto fiducia reciproca”. Perciò il presule ha ripetuto le parole di Giovanni Paolo II nel corso della sua visita apostolica alla città di Temuco, capitale dell’Araucania, indirizzate il 5 aprile 1987 ai Mapuches: “Nel difendere la vostra identità, non solo esercitate un diritto, ma compiete anche un dovere; il dovere di trasmettere la vostra cultura alle generazioni future”. Come in passato ha già fatto a più riprese l’episcopato cileno il vescovo ha chiamati tutti i cristiani ad accrescere il loro sforzo in favore “di un dialogo tra le due culture”. Rispondendo alle domande dei giornalisti mons. Manuel Camilo Vial ha detto che molte misure del governo precedente e di quello in carica sono state ben accolte e accettate da parte dei Mapuches, ma nel momento di far fronte a misure concrete o a questioni specifiche, la lentezza, la burocrazia e i ritardi creano molti problemi e conflitti. Il presule ha anche indicato come pericoloso, “perché è come gettare benzina sul fuoco”, il fatto che da parte di alcuni settori politici di fronte ai problemi si chieda sempre “più presenza della polizia, più forza, più durezza, che ovviamente non servono a risolvere la questione”. Infine, mons. Manuel Camilo Vial ha voluto lanciare un invito ai mass-media in favore di un’informazione più articolata e ricca con lo scopo di aiutare a superare i pregiudizi e diffondere i molti aspetti positivi dei Mapuches, come per esempio il loro enorme desiderio di formazione e istruzione: “Non è un caso, ha concluso, che nell’Università di Temuco il 40% degli studenti siano Mapuches”. (A cura di Luis Badilla)

Taiwan: centinaia di vittime per il passaggio del tifone

◊ A Taiwan si aggrava di ora in ora il bilancio delle vittime del passaggio del tifone Morakot. Il presidente dell’isola, Ma Ying-jeou, ha dichiarato che nel villaggio meridionale di Hsiaolin sepolto da una valanga di fango i morti potrebbero essere oltre 500. Mercoledì scorso all’udienza generale, il Papa aveva espresso la sua vicinanza alle popolazioni colpite dalla sciagura. Intanto, sull’isola si è messa in moto la macchina di solidarietà della Chiesa cattolica locale e della Caritas Internationalis. Stefano Leszczynski ha raggiunto telefonicamente padre Paolo Consonni, parroco a Taipei.

R. – Devo dire che questo tifone ha preso tutti di sorpresa, nel senso che non ci si aspettava assolutamente un disastro del genere. Per dare un’idea, il tifone ha colpito soprattutto nella giornata di venerdì scorso. Sabato sembrava che il tifone avesse finalmente dato tutta l’acqua che doveva dare e domenica noi a Taipei, per esempio, pensavamo che ormai il tifone, una volta passato, non avesse provocato grandissimi danni. Quindi, ha preso un po’ tutti di sorpresa. Il sentimento maggiore adesso è quello di dare un segno di solidarietà. Penso che tutti a Taiwan in questo momento si sentano molto colpiti da questa tragedia e, a parte le polemiche, che sono naturali in questi casi, vogliono soprattutto esprimere una solidarietà alle popolazioni del sud.


D. – La Chiesa locale si è subito mobilitata per dare soccorso alle popolazioni colpite…


R. – Sì. Bisogna dire che siamo l’un per cento della popolazione, per cui in termini di mezzi e di organizzazione non siamo certamente all’altezza di dare un aiuto di prima linea, ma la Chiesa si è mobilitata subito, sin dall’inizio, attraverso la Caritas, e soprattutto attraverso la Conferenza episcopale. Domani ci sarà un momento di preghiera a Taipei, dove si cercherà di mobilitare soprattutto le popolazioni del nord dell’isola, per dare una mano ai connazionali del sud. Anche il rappresentante vaticano sarà presente, portando un’offerta del Papa. Ci stiamo muovendo e la nostra forza penso che sia più in un aiuto a lungo termine.


D. – Copisce sempre vedere come le popolazioni dei Paesi asiatici vengano colpite duramente da questi disastri ambientali ogni anno…


R. – Anch’io che sono straniero, abitando a Taipei, che è una città molto moderna, rimango sempre molto esterrefatto dalla potenza di questi tifoni. C’è da dire che, per quanto riguarda Taiwan, sono fenomeni inevitabili, perché il tifone è un fenomeno meteorologico molto imprevedibile. Inoltre, la geografia di Taiwan è molto particolare, perché è quasi tutto montagnoso. Ci sono montagne molto ripide, per cui ogni volta che un tifone arriva è chiaro che ci sono spesso vittime e grosse distruzioni, in quanto il territorio non permette l’assorbimento dell’acqua: l’acqua scorre, causando molte frane e distruggendo tutto quello che incontra sulla via.