Una verità irrisolta

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ispirazione quindi impegno

mercoledì 30 agosto 2023

Agenzia Fides 30 agosto 2023

 

AFRICA/GABON - “Libreville “città morta” ma calma dopo il golpe” dicono a Fides fonti locali
 
Libreville (Agenzia Fides) – “Libreville è una città morta. Non vi sono persone o autoveicoli per le strade ma la situazione è comunque calma” dicono all’Agenzia Fides fonti locali dalla capitale del Gabon, dove questa notte i militari hanno annunciato di aver preso il potere con un golpe.
Le nostre fonti, che hanno chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza, ricostruiscono così gli eventi. “Alle due di questa notte la Commissione elettorale annuncia ufficialmente la vittoria del Presidente uscente Ali Bongo Ondimba nelle elezioni presidenziali del 26 agosto con il 64,27%. Subito dopo i militari appaiono alla televisione annunciando di aver deposto Bongo e di avere preso il potere”. “Nella notte si sono sentiti spari, ma da quello che sappiamo si è trattato di colpi esplosi in aria. Non si registrano al momento morti o feriti” affermano le fonti. “È tutto l’esercito, compresa la Guardia Repubblicana, i pretoriani del Presidente, ad avere effettuato il colpo di Stato. Anche gendarmeria e polizia appaiono compatte e unite con i militari” precisano le fonti.
Subito dopo il voto il governo di Bongo aveva imposto il coprifuoco e interrotte le connessioni Internet (vedi Fides 28/8/2023) anche perché il suo principale avversario, Albert Ondo Ossa, aveva denunciato "frodi orchestrate" da parte del campo presidenziale e aveva chiesto di essere dichiarato vincitore al termine dello scrutinio.
“La prima cosa avvenuta subito dopo la presa di potere dei golpisti è stata la ripresa delle comunicazioni Internet” sottolineano le nostre fonti. “La popolazione comunque ha paura, memore delle violenze del 2009 e del 2016 e teme quello che potrà accadere”. Nel loro comunicato i golpisti hanno dichiarato di aver preso il potere con queste parole: “Noi, forze di difesa e sicurezza, riunite nel Comitato per la transizione e il ripristino delle istituzioni (CTRI), a nome del popolo gabonese e garante della protezione delle istituzioni, abbiamo deciso di difendere la pace ponendo fine al regime al potere”.
Le elezioni erano un appuntamento atteso con apprensione. Alla vigilia del voto i Vescovi in un messaggio reso pubblico il 23 agosto avevano ribadito che “Le elezioni sono un luogo di espressione della scelta politica di un popolo e sono un segno di legittimità per l'esercizio del potere. Il mancato rispetto della Costituzione nazionale, della legge o del verdetto delle elezioni libere, giuste e trasparenti manifesterebbe un grave fallimento nella governance e significherebbe una mancanza di competenza nella gestione della cosa pubblica". I Vescovi chiedevano di “prevenire litigi e violenze in ogni forma dopo le elezioni”. (L.M.) (Agenzia Fides 30/8/2023)
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ASIA/ MONGOLIA - La “gioia più bella” di padre Marengo. «Guardate a Lui e sarete raggianti»
 
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di Gianni Valente

Ulanbaatar (Agenzia Fides) - «Guardate a Lui e sarete raggianti». Il versetto del Salmo 34 è stato scelto come motto episcopale dal Vescovo Giorgio Marengo, missionario della Consolata e Prefetto apostolico di Ulaanbaatar, creato Cardinale da Papa Francesco nel Concistoro del 27 agosto agosto 2022. Guardando le immagini e ascoltando le parole del secondo video-reportage prodotto per l’Agenzia Fides da Teresa Tseng Kuang yi in vista del viaggio di Papa Francesco in Mongolia (1-4 settembre), il versetto-motto sembra cogliere la cifra intima della vita e dell’avventura missionaria di padre Marengo in Mongolia. Un’avventura in cui le gioie prevalgono in sovrabbondanza sulle fatiche, sulle difficoltà e sullo spettacolo delle proprie povertà. «Io» confessa il Prefetto di Ulaanbaatar fin dai primi passaggi del video «sono grato che il Signore abbia voluto mandarmi qui».

La «gioia più bella» a cui accenna il Cardinale missionario (vedi il video allegato) non nasce dal contemplare con legittima soddisfazione i frutti del proprio lavoro e della propria dedizione. A riempire il cuore di gratitudine più grande è l’aver contemplato l’operare della grazia nel tempo, l’aver visto come «al di là di tutte le nostre difficoltà e le nostre povertà, il Signore si apriva la strada nel cuore di queste persone, che poi hanno deciso di affidarsi a lui». Il contemplare come poi «il Signore guidava la vita di queste persone, in maniera misteriosa e molto personalizzata». Questa - insiste nel video-reportage padre Marengo «è sicuramente la gioia più bella», «Accompagnare le persone nel loro cammino di fede».

Nel video-reportage scorrono ricordi e immagini degli inizi: il primo volo preso a 27 anni da Seul per raggiungere Ulaanbaatar («Sentimmo parlare le hostess in mongolo. Dicevo: chissà se un giorno riusciremo anche noi a imparare questa lingua»), la prima messa “pubblica” celebrata in una Ger, la tradizionale tenda mongola («Quello, me lo ricordo come un momento molto, molto bello»).
Il Cardinale accenna anche alla importante riscoperta della precedente presenza cristiana in territorio mongolo, la vicenda di quella Antica Chiesa d’Oriente, di impronta teologica nestoriana, che nei primi secoli del Medioevo aveva raggiunto anche la Cina: «A noi piace e ci sembra doveroso ricollegarsi a questo passato» annota il Cardinale Marengo «perché a volte il cristianesimo in Mongolia viene considerato come qualcosa di recente, di nuovo e di importato», mentre in Mongolia «In realtà la fede cristiana ha delle radici molto antiche», e «sappiamo anche che nell'epoca del grande impero di Gengis Khan, alcuni condottieri, soldati erano di fede cristiana».
Il Cardinale Marengo accenna anche alle difficoltà e alle fatiche fatte per entrare nella lingua e nella cultura mongola, con la sua «matrice nomadica» così diversa dalle culture europee «sedentarie», e che si riflette anche nel modo di concepire le abitazioni e nella concezione del tempo: per una cultura nomadica «tutto dev'essere trasportabile, leggero e provvisorio», mentre nelle culture sedentarie c’è sempre la tendenza a «costruire cose che rimangono nel tempo».
Lo sguardo attento a cogliere le distinzioni e a trasformarle in reciproco scambio di doni viene applicato da Marengo anche alla sua vicenda personale, e in particolare alla scelta pontificia di crearlo Cardinale, scelta che ha portato nel Collegio Cardinalizio il rappresentante di una Chiesa locale che conta meno di 1500 battezzati.
Con la chiamata a far parte del Collegio dei Cardinali, padre Marengo fa notare che la sua esperienza di pastore di una piccola comunità ecclesiale locale «si allarga anche un po’ all'universalità della Chiesa, per offrire alla Chiesa universale quello che l'esperienza di una Chiesa missionaria così piccola e così nuova può avere». Il Cardinale missionario parla di un «doppio movimento», con il quale «la particolarità di questa Chiesa» viene vissuta «dentro l'universalità della Chiesa cattolica tutta». Il Cardinale coglie anche la convenienza di favorire uno «scambio» propizio tra «la freschezza della fede in un contesto come quello mongolo»e «la ricchezza della tradizione ecclesiale che ci arriva da Chiese con più lunga esperienza».
Questa - sembrano indicare le suggestive parole del Cardinale Marengo - è l’occasione propizia che si affaccia sull’orizzonte del prossimo viaggio di Papa Francesco in Mongolia: suggerire a tutti che ogni Chiesa è sempre Chiesa nascente, dipendente in ogni suo passo dalla grazia di Cristo, e non si “costruisce” per forza propria, anche nei posti in cui si sono alzate cattedrali grandiose e sono sorti Imperi cristiani; ogni Chiesa è “pellegrina” sulla scena di questo mondo, «la cui figura passa» (Paolo VI); ogni Chiesa è nomade, come le genti della Mongolia con le loro tende, sempre in cammino verso il compimento dei tempi.
(Agenzia Fides 25/7/2023)
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ASIA/BANGLADESH - Si aggrava la crisi umanitaria dei Rohingya, mentre prosegue la ricerca di giustizia
 
Cox's bazar (Agenzia Fides) – “A sei anni da quando centinaia di migliaia di Rohingya furono costretti a fuggire dalle loro case in Myanmar per rifugiarsi nel vicino Bangladesh, sottoposti a un’escalation di violenze e atrocità da parte delle forze di sicurezza del Myanmar che hanno provocato la perdita dei loro cari e delle loro case, nessuno è stato ritenuto responsabile di questi crimini", ha dichiarato Nicholas Koumjian, a capo del "Meccanismo investigativo indipendente per il Myanmar", creato nel 2018 dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per lavorare a favore della giustizia. L'organismo ha il compito di raccogliere e analizzare le prove dei crimini internazionali più gravi e di altre violazioni del diritto internazionale commessi in Myanmar dal 2011, allo scopo di facilitare giustizia e responsabilità.
"Stiamo raccogliendo testimonianze e altre prove sulla violenza fisica inflitta a tanti Rohingya e abbiamo avviato un’indagine sulle attività commerciali, sulle fattorie e le altre proprietà che sono state loro sottratte. Vogliamo capire se dietro questi crimini c’è una motivazione finanziaria e stabilire chi ha tratto profitto dalla campagna contro i Rohingya", ha affermato Koumjian, lanciando un appello: "Chiediamo agli Stati di fornirci accesso a testimoni e informazioni nei loro territori. Il perseguimento della giustizia per i Rohingya è uno sforzo globale. Solo insieme possiamo garantire che i responsabili ne affrontino le conseguenze e che quanti hanno subito l’orrore di questi crimini abbiano giustizia".
Una richiesta di risarcimento, nel sesto anniversario della tragica operazione in Myanmar, raggiunge anche la nota multinazionale informatica "Meta". In un momento in cui si riflette sulle conseguenze devastanti dell’operazione militare di sei anni fa, la Ong "Amnesty International" solleva una richiesta affinché la società madre di Facebook assuma le responsabilità per il ruolo che la piattaforma ha avuto nella pulizia etnica di questa minoranza perseguitata. Amnesty, grazie alle indagini del suo programma "Big Tech Accountability", mette in luce come gli algoritmi di Facebook e l’inseguimento sfrenato di profitti abbiano contribuito a creare un ambiente tossico in cui l’odio si è radicato, portando a conseguenze tragiche per i Rohingya.
Intanto la situazione dei 700.000 rifugiati Rohingya fuggiti dal Myanmar e presenti oggi in Bangladesh si aggrava: "I rifugiati Rohingya a Cox's Bazar, in Bangladesh, sono completamente dipendenti dagli aiuti, vivono in case temporanee e hanno poca libertà d’azione nella loro vita quotidiana. I rifugiati hanno espresso chiaramente i loro desideri: tutto ciò deve cambiare", afferma il "Norwegian Refugee Council" (NRC), Ong presente in Bangladesh, attiva nell'assistenza ai Rohingya. Insieme con i partner locali la Ong fornisce alloggi, acqua, igiene e servizi igienico-sanitari ed è impegnata a garantire continuità educativa ai rifugiati, raggiungendo oltre 150.000 persone.
“L’ultimo anno - rileva il NCR - ha portato una serie di sfide tra cui un ciclone, incendi e frane. Si è registrato un deterioramento della situazione della sicurezza e due tagli alle razioni alimentari. Questa situazione costringe sempre di più a fare una scelta impossibile: rimanere nei campi e soffrire la prospettiva di malnutrizione e insicurezza o compiere pericolose traversate marittime alla ricerca di una possibilità di autosufficienza e nuova vita".
L'Ong nota che "i rifugiati non possono lavorare in Bangladesh, nonostante le ripetute richieste da parte della popolazione di poter provvedere a se stessi. Così i Rohingya dipendono completamente dai finanziamenti dei donatori per sopravvivere. Tuttavia, gli aiuti disponibili sono appena sufficienti a coprire i bisogni di base, con i finanziamenti per la crisi dei Rohingya in rapida diminuzione a causa delle crisi concorrenti nel mondo". Per allentare la pressione sui campi profughi in Bangladesh, auspica NRC, "è necessario un reinsediamento maggiore ed efficiente dei rifugiati nei paesi terzi".
Nei campi "i bisogni sanitari rimangono enormi e gli aiuti umanitari sono insufficienti", ha confermato “Medici senza Frontiere” (MSF). "A seguito dell’epidemia di scabbia e della chiusura di diversi centri sanitari per mancanza di fondi, nel corso del 2022 l’afflusso di pazienti in uno dei nostri ospedali è aumentato del 50%", rileva l'organizzazione, notando che "le condizioni sono progressivamente peggiorate di anno in anno".
"Le persone continuano a vivere in condizioni di sovraffollamento, in strutture non permanenti ed esposte ad incendi e a disastri naturali, senza la possibilità di spostarsi in aree più sicure e costruire abitazioni. Negli ultimi anni abbiamo registrato un peggioramento delle condizioni sanitarie della popolazione Rohingya, a causa delle pessime condizioni di vita a cui sono costretti", afferma MSF. Nel 2023, nota l'Ong, si registra "una vera e propria emergenza sanitaria", con il più alto aumento settimanale di pazienti affetti da colera dal 2017, mentre già nel 2022 i casi di febbre dengue sono aumentati di dieci volte rispetto all’anno precedente. MSF avverte che anche l'ospedale materno infantile e l'ospedale pediatrico gestiti dall'organizzazione hanno già raggiunto la capacità massima per numero di ricoveri.
"I campi avrebbero dovuto essere una soluzione temporanea ma dopo sei anni continuano ad essere l’unica sistemazione per queste persone. Se le inefficaci strategie di contenimento dei paesi donatori non cambieranno, la popolazione Rohingya continuerà ad essere estremamente vulnerabile alle epidemie di malattie infettive", ha spiegato Arunn Jegan, Capomissione di MSF in Bangladesh.
L'allarme riguarda anche i fondi per l’assistenza umanitaria: "Negli ultimi due anni i fondi stanziati dai paesi delle Nazioni Unite e da cui dipende la vita di circa un milione di Rohingya sono diminuiti gradualmente", rileva MSF, mentre a marzo 2023 le razioni alimentari del Programma Alimentare Mondiale dell'Onu (WFP) sono state ridotte dall’equivalente di 12 dollari al mese per persona a 10 dollari, fino a 8 dollari a giugno: questo ha avito un impatto notevole sui casi di malnutrizione tra le donne in gravidanza e in allattamento e sulla malnutrizione acuta tra i bambini sotto i cinque anni.
(PA) (Agenzia Fides 30/8/2023)

venerdì 25 agosto 2023

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