Port au Prince (Agenzia Fides) - "Qualunque essa sia, la vita va rispettata dal concepimento alla morte naturale. Ecco perché condanniamo fermamente l'assassinio del Presidente Jovenel Moïse. Come missionari facciamo un appello all'unità delle forze politiche, per trovare una via d'uscita alla grave crisi che sta vivendo il Paese, perché il paese è caduto a un livello che più basso non si può": queste le parole di Padre Renold Antoine CSsR, missionario redentorista, rilasciate a Fides dopo l'assassinato del presidente di Haiti, Jovenel Moïse. "Questa notizia arriva in un momento delicato della storia nazionale – sottolinea il missionario -, in cui la crisi politica ed economica, aggiunta alla pandemia di coronavirus, e in mezzo a un forte aumento della violenza delle bande, scuotono il Paese". Secondo le informazioni diffuse dalla stampa locale, il presidente Moïse sarebbe stato ucciso a colpi di arma da fuoco attorno all’una del mattino di ieri da un gruppo armato che parlava spagnolo. Non sono stati forniti ulteriori dettagli sugli assassini o su eventuali rivendicazioni. Il Primo ministro ad interim, Claude Joseph, in un comunicato ufficiale diffuso poche ore dopo, ha dato la notizia, aggiungendo che assumeva l'incarico di guidare il Paese. Nell’attacco, sempre nella dichiarazione di Joseph, è rimasta ferita la moglie del presidente, che è stata ricoverata in ospedale. La Conferenza Episcopale di Haiti ha diffuso un comunicato, inviato anche all’Agenzia Fides, condannando il fatto, in cui si legge: "La violenza può solo generare violenza e porta all'odio. Questo atteggiamento non aiuterà mai il nostro Paese a uscire da questa impasse politico che può essere risolto solo attraverso il dialogo, il consenso, lo spirito di impegno per il migliore interesse della nazione, per il bene comune del Paese". "La Conferenza Episcopale invita tutti i figli e le figlie del Paese a superare il proprio orgoglio personale e gli interessi di gruppo per cercare insieme, attorno a un tavolo, la soluzione haitiana tanto attesa dalla popolazione, dettata dall'amore per Haiti e per i nostri valori di popolo". I Vescovi concludono con un forte appello: "Deponete le armi! Scegliete la vita! Scegliete la convivenza fraterna nell'interesse di tutti e nell'interesse di Haiti!". Il presidente Jovenel Moïse, 53 anni, era il 42esimo presidente di Haiti. Dopo elezioni complicate nel 2015 (vedi Fides 1/12/2015) e un ballottaggio rimandato più volte (vedi Fides 28/12/2015 e 23/01/2016), Jovenel Moïse prestò giuramento come nuovo Presidente di Haiti il 7 febbraio 2017 (vedi Fides 9/02/2017). La gestione del presidente Moïse ha registrato diversi attriti con i Vescovi, al punto che il 27 giugno 2018, per la festa della Madonna del Perpetuo Soccorso, patrona di Haiti, Mons. Launay Saturné, Vescovo di Jacmel, Presidente della Conferenza episcopale di Haiti (CEH) davanti a tutte le autorità del paese, compreso il presidente, denunciò: “il Paese è malato” in molti settori, compresa la magistratura. (vedi Fides 2/07/2018). Nel 2019 i Vescovi denunciarono violenza, intimidazioni e miseria, commentando la situazione del paese dopo che la popolazione era scesa in piazza per manifestare contro il governo del presidente Moïse (vedi Fides 13/02/2019). Negli ultimi mesi i leader dell’opposizione avevano chiesto le dimissioni di Moise, sostenendo che il suo mandato terminava legalmente nel febbraio 2021, ma lui insisteva per cambiare la costituzione con un referendum, al fine di continuare ad essere Presidente. Il mese scorso, i Vescovi avevano pubblicato una dichiarazione al riguardo: “non è il momento di cambiare la Costituzione in mezzo ad una crisi sociale e politica, in questi tempi difficili per il nostro popolo” (vedi Fides 2/06/2021). Negli ultimi tempi Haiti vive un ulteriore aggravamento della destabilizzazione politica, economica e sociale che la tormenta da anni. La violenza ha raggiunto livelli preoccupanti, i sequestri (anche di religiosi) sono all’ordine del giorno, l’inflazione è in aumento, scarseggiano cibo e carburante in un Paese dove il 60 per cento della popolazione guadagna meno di 2 dollari al giorno. Inoltre Haiti non si è mai ripresa dal devastante terremoto del 2010 e dall’uragano Matthew, che l’ha colpita nel 2016. La pandemia da coronavirus ha aggravato ancora di più la situazione. Nel 2019 ci sono state violente proteste popolari e scontri in cui sono morte decine di persone. Un cambiamento era auspicato con le elezioni generali che avrebbero dovuto tenersi alla fine di quest’anno, ma l’uccisione di Moïse apre uno scenario imprevedibile. (CE) (Agenzia Fides 08/07/2021)
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Port au Prince (Agenzia Fides) - E’ di poche ore fa la notizia diffusa dalla stampa locale che la polizia di Haiti ha ucciso quattro "mercenari" e ne ha arrestati altri due, ritenuti responsabili dell'agguato costato la vita al presidente Jovenel Moise (vedi altro articolo di Fides 8/7/2021). “Da più di due anni l’isola di Haiti è in mano a bande di criminali che destabilizzano il Paese con una ferocia inaudita, bloccando strade, ammazzando persone e soprattutto organizzando la fiorente industria dei sequestri di persona, senza guardare in faccia nessuno e senza alcuna pietà”. E’ quanto scrive all’Agenzia Fides padre Antonio Menengon, missionario Camilliano, responsabile di Madian Orizzonti Onlus, associazione che opera in Italia e nelle missioni Camilliane all’estero, in merito a questo ennesimo efferato episodio di violenza. “Nonostante questa gravissima situazione – prosegue p. Antonio -, i Camilliani presenti ad Haiti continuano il loro instancabile lavoro per far funzionare al meglio l’ospedale Foyer Saint Camille e il centro per disabili Foyer Saint Camille, la scuola, proseguire i lavori per la costruzione di case e la campagna alimentare che aiuta migliaia di famiglie a sopravvivere a questa tremenda situazione.” Il sacerdote conferma che lavorare in un contesto di violenza quotidiana diventa sempre più difficile e sottolinea quanto sia altrettanto importante esserci e dare una risposta concreta a persone ammalate, a disabili, a chi è senza lavoro, senza casa e senza cibo. “Vogliamo essere vicini a questa popolazione stremata dalla violenza e dalla fame, così tragicamente presenti da far passare in secondo piano la pandemia di Covid-19 – dice il Camilliano -. I nostri Missionari sono in prima linea per dare risposte concrete a una popolazione ormai al totale sbando e alla completa disperazione e chiedono il nostro aiuto nella preghiera e nella solidarietà per poter continuare, nonostante tutto, a donare vita e a rispondere con sempre maggiore impegno alla disperazione di tanta gente infondendo loro una briciola di speranza.” In questo tempo di violenza, durante il quale sono aumentati gli ammalati, i feriti e l’accoglienza dei bambini disabili, l’Ospedale Foyer Saint Camille porta avanti il suo impegno. “Ormai – spiega p. Antonio - non si può più parlare di povertà ma di spaventosa miseria. Da diversi anni abbiamo incrementato l’aiuto alimentare a migliaia di famiglie che hanno sperimentato e sperimentano più che la virulenza del Covid-19, il moltiplicarsi a dismisura del virus della fame. Tantissimi non possono permettersi nemmeno una baracca di lamiere, cartoni e fango; sono costretti ad affittare un materasso per dormire la notte e il possesso di una baracca è diventato solo un miraggio. Per rispondere a questa ulteriore emergenza, abbiamo ripreso la costruzione di piccole abitazioni per aiutare almeno le famiglie numerose e dare loro un riparo. Solo in questi ultimi tre mesi ne abbiamo già costruite 21 e continueremo a farlo perché dare un tetto e una stabilità a genitori con 5 o 6 figli significa portare sicurezza, igiene e salute e soprattutto prevenire disadattamento sociale e malattie.” (AM/AP) (Agenzia Fides 8/7/2021) |