Una verità irrisolta

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martedì 23 marzo 2021

Navi militari all’Egitto, ma quale affare?

 

Navi militari all’Egitto, ma quale affare? Maxisconto di Fincantieri ad al-Sisi che le ha pagate almeno 210 milioni meno dello Stato italiano



Espone un cartello per Giulio Regeni, la Polizia locale lo fa togliere

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Espone un cartello per Giulio Regeni, la Polizia locale lo fa togliere


E' successo nel Comune di Sant'Agnello, vicino a Sorrento. Il sindaco chiede spiegazioni alla Municipale

Sta facendo il giro del web quanto accaduto nei giorni scorsi nel comune di Sant’Agnello, nella penisola sorrentina. La Polizia locale, infatti, ha intimato a una cittadina di togliere dal suo balcone un cartello dedicato a Giulio Regeni.
A raccontare la vicenda è la diretta interessata, Paola Gargiulo, che sui social scrive: "In piena pandemia, la Municipale mi ha ingiunto di rimuovere un cartello (100x70 centimetri) dedicato a Giulio Regeni, quello, per intenderci, che gli ha dedicato Amnesty International e che si trova affisso su moltissimi edifici municipali di altre città più civili, che avevo fissato sul balcone di casa mia nel 2016, al momento della sua terribile scomparsa, in quanto, mi è stato detto, ai sensi del Codice della strada poteva determinare incidenti per gli automobilisti che avrebbero potuto essere distratti dalla sua lettura".
"Poiché sono stata avvertita che il mantenimento in loco di questo 'pericoloso elemento di disturbo' poteva comportarmi l’erogazione di una multa, ho immediatamente provveduto alla sua rimozione, ma lascio a tutti i lettori di questa nota giudicare quanto è accaduto e, se lo ritengono, di far girare la notizia".
Sul caso interviene anche il sindaco del Comune, Piergiorgio Sagristani: "Esprimo il più vivo rammarico per la rimozione dal balcone di una privata abitazione, in località Maiano nel territorio di Sant'Agnello, del cartello che chiede 'Verità per Giulio Regeni'. Ho appreso da Facebook che la rimozione è stata determinata dall’intervento della Polizia municipale che ha contestato la violazione del codice della strada. Non ero a conoscenza di questo intervento e ho immediatamente chiesto urgenti spiegazioni al comandante della Municipale. Sono sicuro che la libertà di opinione è un principio da affermare e nello specifico plaudo a chi partecipa alla catena della Verità per Giulio Regeni e in sostegno dei familiari e di Amnesty International. Sono convinto che la Polizia locale valuterà con attenzione tutti i profili della vicenda per giungere a una più equilibrata valutazione del caso in questione con la possibilità di reinstallare il cartello".

lunedì 22 marzo 2021

Resta in carcere il Gesuita accusato di sedizione 22 marzo 2021

ASIA/INDIA - No alla libertà su cauzione: resta in carcere il Gesuita accusato di sedizione
 
Mumbai (Agenzia Fides) - "Siamo rattristati nel condividere con voi la notizia che oggi 22 marzo a padre Stan Swamy SJ è stata negata la cauzione dal giudice della corte di primo grado in Mumbai. Continuiamo a pregare e sperare che la giustizia prevalga è che padre Stan sia liberato presto e assolto dopo un giusto processo. Abbiamo piena fiducia nella Costituzione dell'India e nel sistema giudiziario": lo afferma, in una nota inviata all'Agenzia Fides, p. Jerome Stanislaus D'Souza, Superiore dei Gesuiti in India, riferendo sull'esito negativo dei ricorso presentato dagli avvocati ingaggiati dalla Compagnia di Gesù, che hanno seguito il processo presso il tribunale di primo grado a Mumbai.
Il ricorso chiedeva la libertà su cauzione, portando motivazioni sull'innocenza di padre Swamy e segnalando le sue precarie condizioni di salute, che imponevano quanto meno, secondo i legali, gli arresti domiciliari. "Preghiamo Dio perchè ci dia forza e coraggio per sopportare questo doloroso verdetto", prosegue la nota, che ringrazia gli avvocati per l'impegno profuso ed esprime profonda gratitudine a tutti coloro che stanno sostenendo i Gesuiti indiani in questa lotta per la giustizia. I Gesuiti chiedono a tutti di "continuare nei vostri sforzi e nelle le vostre preghiere".
L'83enne Gesuita indiano padre Stan Swamy è in carcere dall'8 ottobre scorso con l'accusa di sedizione. In prigione a Mumbai nonostante l'età e la grave forma di Parkinson di cui soffre, il Gesuita condivide la prigionia con altri 15 tra attivisti e membri di Ong, accusati, in base alla "Unlawful activities prevention act", di terrorismo e di complicità con i ribelli maoisti. Tutti erano a fianco e promuovevano i diritti degli adivasi (popolazioni tribali) del Jhakarland indiano, gli indigeni che subivano abusi e patenti violazioni dei loro diritti umani, sociali, culturali, perpetrate da grandi proprietari terrieri o da multinazionali.
La Compagnia di Gesù ha lanciato un appello internazionale per il suo rilascio immediato, affermandone la piena innocenza e notandone le precarie condizioni di salute. I tentativi di segnalare al governo indiano la sua situazione e i diversi appelli per la sua liberazione - incluso quello compiuto da tre Cardinali indiani che hanno incontro il Primo Ministro Narendra Modi - non hanno sortito alcun effetto.
(PA) (Agenzia Fides 22/3/2021)

 

mercoledì 10 marzo 2021

I musulmani invitano i cristiani a ritornare, e insieme restaurano chiese e moschee

 

VATICANO - La gratitudine di Papa Francesco per il viaggio in Iraq: “I musulmani invitano i cristiani a ritornare, e insieme restaurano chiese e moschee”
 
Roma (Agenzia Fides) – I musulmani di Mosul che invitano i loro concittadini cristiani tornare, “e insieme restaurano chiese e moschee”. E’ questa l’immagine che Papa Francesco ha voluto suggerire come segno della germinale rinascita di quella città martire e dell’intero Iraq, dopo anni di guerre, invasioni e terrore. Lo ha fatto all’Udienza generale di mercoledì 10 marzo, interamente dedicata a ripercorrere la sua visita apostolica in Iraq, appena conclusa. “Nei giorni scorsi” ha esordito il Papa “il Signore mi ha concesso di visitare l’Iraq, realizzando un progetto di San Giovanni Paolo II. Mai un Papa era stato nella terra di Abramo; la provvidenza ha voluto che ciò accedesse ora, come segno di speranza dopo anni di guerra e terrorismo e durante una dura pandemia”. Papa Francesco ha ricordato l’“indimenticabile” incontro con il Grande Ayatollah Ali al Sistani, che lo ha ricevuto nella sua residenza di Najaf, e si è soffermato sul tratto “penitenziale” da lui conferito all’intero pellegrinaggio iracheno: “Non potevo avvicinarmi a quel popolo martoriato, a quella Chiesa martire” ha spiegato il Successore di Pietro “senza prendere su di me, a nome della Chiesa cattolica, la croce che loro portano da anni: una croce grande, come quella posta all’entrata di Qaraqosh. L’ho sentito in modo particolare vedendo le ferite ancora aperte delle distruzioni, e più ancora incontrando e ascoltando i testimoni sopravvissuti alle violenze, alle persecuzioni, all’esilio… E nello stesso tempo” ha aggiunto il Papa “ho visto intorno a me la gioia di accogliere il messaggero di Cristo; ho visto la speranza di aprirsi a un orizzonte di pace e di fraternità, riassunto nelle parole di Gesù che erano il motto della visita: ‘voi siete tutti fratelli’”. Una speranza che il Papa ha detto di aver ritrovato anche “in tanti saluti e testimonianze, nei canti e nei gesti della gente. L’ho letta sui volti luminosi dei giovani e negli occhi vivaci degli anziani. La gente che aspettava il Papa da cinque ore, in piedi…; anche donne con bambini in braccio… Aspettava, e nei loro occhi c’era la speranza”.
Ripercorrendo i vari momenti della visita, il Vescovo di Roma ha ricordato anche l’incontro ecclesiale svoltosi nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad, dove nel 2010 un attacco terroristico fece strage tra i fedeli riuniti per la celebrazione della messa. “La Chiesa in Iraq” ha sottolineato il Papa “è una Chiesa martire, e in quel tempio, che porta iscritto nella pietra il ricordo di quei martiri, è risuonata la gioia dell’incontro: il mio stupore di essere in mezzo a loro si fondeva con la loro gioia di avere il Papa con sé”. Accennando poi alle visite di Mosul e Quaraqosh, ancora segnate dalle devastazioni seguite all’invasione dei miliziani dello Stato islamico, ricordato “la fuga di migliaia e migliaia di abitanti, tra cui molti cristiani di diverse confessioni e altre minoranze perseguitate, specialmente gli yazidi” provocata dall’occupazione jihadista. “E’ stata rovinata l’identità di queste città. Adesso” ha aggiunto il Papa “si sta cercando faticosamente di ricostruire; i musulmani invitano i cristiani a ritornare, e insieme restaurano chiese e moschee. Fratellanza, è lì. E continuiamo, per favore, a pregare per questi nostri fratelli e sorelle tanto provati, perché abbiano la forza di ricominciare”.
Con un significativo riferimento alle vicende storiche recenti dell’Iraq, Papa Francesco ha ricordato che “La Mesopotamia è culla di civiltà” e “Baghdad è stata nella storia una città di primaria importanza, che ha ospitato per secoli la biblioteca più ricca del mondo. E che cosa l’ha distrutta? La guerra. Sempre” ha insistito il Pontefice “la guerra è il mostro che, col mutare delle epoche, si trasforma e continua a divorare l’umanità. Ma la risposta alla guerra non è un’altra guerra. La risposta alle armi non sono altre armi. E io mi sono domandato: chi vendeva le armi ai terroristi? Chi vende oggi le armi ai terroristi, che stanno facendo stragi in altre parti, pensiamo all’Africa per esempio? È una domanda a cui io vorrei che qualcuno rispondesse. La risposta non è la guerra ma la risposta è la fraternità”. Il Papa si è soffermato anche a ricordare l’incontro interreligioso svoltosi a Ur, dove il profeta Abramo “ricevette la chiamata di Dio circa quattromila anni fa. Abramo” ha proseguito Papa Francesco “è padre nella fede perché ascoltò la voce di Dio che gli prometteva una discendenza, lasciò tutto e partì. Dio è fedele alle sue promesse e ancora oggi guida i nostri passi di pace, guida i passi di chi cammina in Terra con lo sguardo rivolto al Cielo. E a Ur, stando sotto quel cielo luminoso, lo stesso cielo nel quale il nostro padre Abramo vide noi, sua discendenza, ci è sembrata risuonare ancora nei cuori quella frase: Voi siete tuti fratelli”. (GV) (Agenzia Fides 10/3/2021)

venerdì 5 marzo 2021

Ucciso il magistrato che stava indagando sull’omicidio dell’Ambasciatore italiano e dei suoi accompagnatori

 

AFRICA/CONGO RD - Ucciso il magistrato che stava indagando sull’omicidio dell’Ambasciatore italiano e dei suoi accompagnatori
 
Kinshasa (Agenzia Fides) – Ucciso il magistrato che stava indagando sull’agguato del 22 febbraio, nel quale sono rimasti vittime l’Ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, il carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci, e l’autista congolese Mustafa Milambo (vedi Fides 23/2/2021).
“Fonti locali dichiarano che stava tornando da una riunione a Goma, nell’ambito dell’inchiesta sulla sicurezza dell’area e in particolare sull’omicidio dell’Ambasciatore italiano e dei suoi due accompagnatori” confermano a Fides fonti missionarie che operano nel Nord Kivu, nell’est della RDC, di cui Goma è capoluogo.
In un comunicato inviato a Fides, l’Ong locale CEPADHO (Centro Studi per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani) afferma di “aver appreso con forte sgomento dell'assassinio del maggiore William Assani, magistrato presso il Tribunale militare di Rutshuru il 2 marzo, rimasto vittima di un agguato all'altezza di Katale, sull'asse stradale Rutshuru – Goma, da dove proveniva”. “Questo crimine è stato perpetrato da uomini armati, non identificati, uno dei quali è stato neutralizzato dalla risposta avviata dalle FARDC (l’esercito congolese)” precisa la dichiarazione.
“Il CEPADHO condanna con veemenza questo atto spregevole e barbaro, da considerarsi un vero sabotaggio alla magistratura, visto l'impegno e l'abnegazione che ha caratterizzato il Magistrato Militare nel Territorio di Rutshuru. La nostra Organizzazione, scioccata e scandalizzata per la morte del maggiore William Assani, sollecita le autorità perché avviino indagini credibili per trovare gli assassini, affinché gli autori di questo delitto non restino impuniti” conclude il CEPADHO. (L.M.) (Agenzia Fides 5/3/2021)