Una verità irrisolta

Una verità irrisolta
ispirazione quindi impegno

giovedì 29 ottobre 2020

Regeni, la Procura verso la chiusura indagini(larepubblica.it)

 ROMA - Giulio Regeni, si va verso la chiusura indagini. La Procura di Roma è pronta a farlo in relazione al rapimento, alle torture e all'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso nel febbraio 2016 al Cairo. Si avvicina, infatti, la scadenza dei due anni dall'iscrizione nel registro degli indagati (avvenuta il 4 dicembre del 2018) da parte del pm Sergio Colaiocco dei cinque agenti della National Security egiziana.

Un termine che il team investigativo di Ros e Sco ha fatto presente oggi al Cairo nel vertice con gli omologhi egiziani.

La Procura di Roma non ha ancora ricevuto riscontri concreti alla rogatoria inviata alle autorità del Cairo nell'aprile del 2019 e nulla di rilievo è emerso dopo la videoconferenza del primo luglio scorso tra il procuratore capo Michele Prestipino, lo stesso Colaiocco e la delegazione dei magistrati egiziani. In quella occasione i pm capitolini avevano chiesto risposte in tempi rapidi "sull'elezione di domicilio da parte degli indagati, sulla presenza e sulle dichiarazioni rese da uno degli indagati in Kenya nell'agosto del 2017, e su altre attività finalizzate a mettere a fuoco il ruolo di altri soggetti della National Security che risultano in stretti rapporti con gli attuali cinque sotto inchiesta".


ASIA/PAKISTAN - Un tribunale approva il rapimento della minorenne cattolica: vibranti proteste della Chiesa e della società civile

 

 
Karachi (Agenzia Fides) - “Chiediamo alle autorità del governo del Sindh, ai funzionari di polizia e alla magistratura, giustizia e un giusto processo. Auspichiamo severe misure da adottare per fermare la crescente ondata di rapimenti e conversioni forzate e matrimoni forzati delle ragazze che appartengono alle minoranze religiose del Pakistan. Al momento i cittadini delle minoranze non si considerano sicuri e con eguali diritti”: lo dice in un messaggio inviato all'Agenzia Fides, il Cardinale Joseph Coutts, Arcivescovo di Karachi, intervenendo sul caso della ragazza cattolica Arzoo Raja, sequestrata, convertita all'islam e costretta alle nozze da un uomo musulmano, a Karachi (vedi Fides 21/10, 22/10 e 24/10/2020)
Padre Saleh Diego, Vicario generale dell'Arcidiocesi di Karachi e anche a capo della Commissione diocesana per la giustizia e la pace, ha guidato la protesta di oltre 300 persone tra cristiani, indù e musulmani all'ingresso della cattedrale di San Patrizio, ieri 28 ottobre. P. Diego ha detto: “Chiediamo giustizia per la minorenne Arzoo Raja, che ha solo 13 anni. L'ordinanza del tribunale che di fatto legittima il rapimento ha rattristato la comunità cristiana del Pakistan; secondo l'ordinanza la ragazza dovrà convivere con il suo rapitore e la polizia garantirà loro protezione”. P. Diego informa: “La ragazza rapita è già con il rapitore da due settimane e il tribunale ha deliberato in favore del rapitore, è terribile. Per renderle giustizia faremo ogni sforzo possibile”.
Arzoo Raja è stato rapita il 13 ottobre 2020 da un uomo musulmano di nome Ali Azhar, che viveva in una casa vicina della ragazza cristiana, e lo stesso giorno ha rapito la ragazza, la ragazza si è convertita all'Islam e lo ha sposato.
L'ordinanza del tribunale, emessa il 27 ottobre, afferma che Arzoo Fatima (il nome musulmano) è firmataria e consenziente presso la Corte. Nell'ordinanza emessa si menziona che Arzoo Fatima era inizialmente di religione cattolica tuttavia, con il passare del tempo, avrebbe compreso che l'Islam è una religione universale e ha chiesto ai suoi genitori e ad altri membri della famiglia di abbracciare l'Islam, ma essi hanno rifiutato categoricamente. Arzoo successivamente ha accettato l'Islam per sua libera volontà, Arzoo ha contratto un matrimonio con un uomo musulmano, Ali Azhar, suo rapitore.
Nella stesso ordinanza, la polizia è invitata a non effettuare alcun arresto in relazione alla denuncia (First Information Report) registrata ai sensi dell'articolo 364-A del codice penale pakistano (ovvero rapimento di una persona di età inferiore ai 14 anni). Anzi, la polizia è tenuta a fornire protezione alla ragazza appena sposata.
Shema Kirmani, musulmana e attivista per i diritti umani ha detto a Fides: "Condanniamo fermamente tali atti che vengono compiuti in nome della religione. Nessuna religione permette di costringere qualcuno a convertirsi e di sposarsi con il rapitore. Si tratta di rapimento e stupro". E aggiunge: "Secondo il Child Marriage Act della provincia del Sindh, non si può permettere a nessuno di contrarre matrimonio in età inferiore ai 18 anni, le autorità devono arrestare e punire i colpevoli".
La cristiana Ghazala Shafiq, attivista per i diritti umani e delle donne, parlando a Fides rimarca: “Questa ordinanza del tribunale accetta la conversione forzata di Arzoo Raja, una ragazza di 13 anni. Il giudice non ha nemmeno chiesto il suo certificato di nascita per dimostrare l'età e non le hanno permesso di incontrare i suoi genitori. Si tratta di un ordine ingiusto, in cui non viene data priorità ai documenti presentati dai genitori che dimostrano la corretta età della ragazza"
(AG-PA) (Agenzia Fides 29/10/2020)

mercoledì 14 ottobre 2020

Premio Regeni all’Università di Teramo: la famiglia di Giulio ringrazia l’ateneo(abruzzo.cityrumors.it/notizie-teramo)

Premio Regeni all’Università di Teramo: la famiglia di Giulio ringrazia l’ateneo Teramo. L’Università di Teramo mantiene vivo il Premio intitolato a Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano dell’Università di Cambridge torturato e ucciso al Cairo il 25 gennaio 2016. Riservato ai dottorati dell’Ateneo per la migliore ricerca scientifica quest’anno il Premio è andato a Mohamed El Khatib del corso di dottorato in Biotecnologie e a Noemi Battistelli del corso di dottorato in Scienze degli alimenti. Il Premio è stato consegnato dal ministro dell’Università e della ricerca Gaetano Manfredi, in occasione della giornata conclusiva del 3° Forum del Gran Sasso. «Siamo i genitori di Giulio Regeni – si legge nella lettera inviata al rettore Dino Mastrocola – e siamo lieti di apprendere l’impegno costante del Vostro Ateneo nel mantenere vivo il Premio alla memoria di nostro figlio, riconoscendo così il suo ruolo di ricercatore e l’importanza del rispetto dei diritti umani. Sono 56 mesi da quando è stato trovato il corpo di nostro figlio. Sono 56 mesi che attendiamo insieme a una moltitudine di persone in tutto il mondo di ottenere giustizia. La Vostra vicinanza è chiaramente un impegno a sostenerci in questa battaglia che reclama incessantemente verità e giustizia per Giulio, richiesta che facciamo sia come genitori che come cittadini. Cittadini che hanno a cuore la sicurezza e la valorizzazione dei giovani, studenti e ricercatori, i quali vanno sempre sostenuti e protetti con azioni concrete. Auguriamo a tutti i giovani ricercatori dell’Ateneo teramano, la possibilità di essere sempre liberi nel poter ricercare ed esprimere le proprie idee, con passione ed entusiasmo, è un diritto, fondante per una società democratica. Porgiamo i nostri migliori saluti, Paola e Claudio Regeni».

lunedì 12 ottobre 2020

Padre Macalli libero

AFRICA/NIGER - P. Gigi Maccalli: finalmente a casa ma sempre con il cuore rivolto alla sua missione di Bomoanga Niamey (Agenzia Fides) – Padre Gigi Maccalli, liberato dopo una prigionia di due anni in mano ai jhaadisti è tornato a casa, nella sua Madignano per un tempo di riposo e quarantena con la sua famiglia. Tra le prime telefonate fatte dal missionario della Società per le missioni Africane c’è quella al suo confratello p. Vito Girotto con il quale ha condiviso la missione in Niger fino a quel 17 settembre del 2018 in cui è stato rapito. “Sabato ho parlato dieci minuti circa con p. Gigi. Mi ha chiamato lui e mi ha chiesto subito come è la situazione nella sua missione a Bomoanga. Gli ho risposto che avevo visto un piccolo video su WhatsAapp, in cui si vede la gente del villaggio che manifesta la gioia della liberazione, pregando cantando, e danzando nella chiesa da lui. Gli ho detto che dal rapimento fino alla sua liberazione tanti hanno pregato perché ritornasse presto in libertà” ha raccontato p. Girotto all’Agenzia Fides. “Ho dovuto dargli anche le notizie meno belle come la chiusura della scuola primaria cattolica a N'Goula, la sospensione dell'alfabetizzazione in tutta la zona gurmancé, la mia partenza forzata da Makalondi la stessa notte del suo rapimento. Ho fatto presente a p. Gigi le difficoltà dei sacerdoti diocesani per raggiungere le missioni da noi lasciate per mancanza di sicurezza.” Alla domanda di p. Girotto su come avesse vissuto questo tempo di cattività p. Gigi ha risposto: “pregando”. I suoi rapitori, ha detto, lo hanno trattato bene. Dal maggio scorso gli hanno permesso di ascoltare la radio e, sintonizzandosi sulla Radio Vaticana, la prima notizia che ha avuto è stata il riconoscimento delle virtù di Mons. de Brésillac, fondatore della SMA, e il fatto che era stato dichiarato venerabile. “Nel parlagli – continua p. Vito - io ero molto più emozionato di lui. Mi diceva che avrebbe fatto la sua quarantena a Madignano. Gli ho trasmesso i saluti di tanti amici che dal Niger, Burkina, Burundi e dal Ghana mi avevano incaricato di farlo a loro nome. In fondo ho parlato molto più io che lui, perché sentivo che voleva rendersi conto di quello che era avvenuto a Bomoanga e in diocesi di Niamey dopo il suo rapimento.” Il missionario ha concluso dicendo che si è sentito profondamente contento e confortato da questa chiamata telefonica che aspettava, dopo quella della domenica 16 settembre 2018 in cui si erano sentiti: p. Maccalli a Makalondi e p. Girotto a Torodi, accompagnando ragazzi e giovani per la scuola che iniziava giusto il giorno del suo rapimento, il lunedì 17 settembre 2018. (VG/AP) (12/10/2020 Agenzia Fides)

sabato 10 ottobre 2020

Arrestato Padre Swamy, la solidarietà della Chiesa 

 

Fr-StanAEM.jpg
article icon

L'anziano sacerdote è accusato di avere legami con i gruppi Maoisti. La Compagnia dei Gesuiti di Jamshedpur a cui appartiene, condanna l'arresto da parte delle ... 

mercoledì 7 ottobre 2020

Assolto un cristiano accusato falsamente di blasfemia

 



ASIA/PAKISTAN - Assolto un cristiano accusato falsamente di blasfemia. Ora si chiede giustizia per la violenza commessa alla Joseph Colony

 
Lahore (Agenzia Fides) - Sawan Masih, l'uomo cristiano che era stato falsamente accusato di blasfemia nel 2013, è stato assolto ieri, 6 ottobre 2020, dalla Corte di appello di Lahore. Come appreso dall'Agenzia Fides, dopo 7 anni di carcere e una sentenza di condanna in primo grado, la Corte ha riconosciuto che Sawan era stato falsamente implicato in questo caso con intenzioni illecite dalla mafia legata al "land grabbing", prosciogliendolo da ogni accusa e disponendone l'immediato rilascio.
L'avvocato della difesa ha sottolineato il fatto che esisteva un ritardo di trentaquattro ore tra il presunto reato di blasfemia e la denuncia presentata alla polizia: questo elemento va a confermare la tesi di un'accusa orchestrata a tavolino per incastrare l'uomo, abusando della legge sulla blasfemia. Inoltre, i testimoni chiamati in causa per convalidare le accuse di blasfemia, hanno reso dichiarazioni contraddittorie e non coerenti. Basandosi su questi elementi, il giudice ha ribaltato la sentenza di primo grado.
Sawan Masih è stato accusato di blasfemia nel marzo 2013. In seguito al suo caso, oltre 178 case del quartiere cristiano Joseph Colony a Lahore furono bruciate da una folla di musulmani. Nel 2014 è giunta la condanna a morte per blasfemia (vedi Fides 4/4/2014), mentre nessun musulmano è stato ancora punito per la devastazione compiuta nel quartiere cristiano. L'uomo dall’aprile del 2014 era nel braccio della morte nel carcere di Faisalabad ma "restava fiducioso sulla sua liberazione e sulla sua salvezza" dice, in una nota inviata all’Agenzia Fides, il cristiano Joseph Francis, leader dell’Ong CLAAS (Centre for Legal Aid Assistance & Settlement) che segue e assiste casi di cristiani discriminati o bisognosi di assistenza legale in Pakistan. Afferma a Fides l'Ong CLAAS: "Siamo estremamente orgogliosi e felici perchè oggi, dopo otto anni di incessante impegno, è stata resa giustizia a un uomo innocente. Continuiamo a lavorare per tutti i cristiani accusati ingiustamente, vittime di una legge draconiana che andrebbe modificata per evitare gli abusi". Masih ha detto di aver pregato ogni giorno in carcere "per i giudici, perché Dio infondesse in loro coraggio, e potessero applicare la vera giustizia nelle loro decisioni".
Ricorda all'Agenzia Fides il Domenicano p. James Channan, Direttore del "Peace Center" a Lahore: “I cristiani, così come gli induisti e altri membri di fedi minoritarie, in Pakistan sono oggetto di discriminazione e ingiustizie che si consumano spesso sfruttando in modo scorretto le leggi sulla blasfemia, causando poi attacchi gratuiti e immotivati sulle comunità cristiane innocenti. Grazie ai buoni rapporti con leader musulmani, come Abdul Khabir Azad, l’imam della Moschea reale di Lahore, abbiamo lavorato insieme per risolvere situazioni di tensione, come l’attacco al quartiere cristiano 'Joseph Colony' nel cuore di Lahore, a marzo 2013. Siamo grati alla Corte per aver prosciolto reso la libertà a Masih, riconoscendone l'innocenza. Ora occorre rendere giustizia alle famiglie che persero le loro case e proprietà, nelle aggressione generata da una falsa accusa di blasfemia verso Sawan Masih".
Vi sono attualmente almeno 80 persone in prigione in Pakistan per il reato di "blasfemia", e almeno la metà di loro rischia l'ergastolo o la pena di morte. Le persone accusate in base alle legge sono principalmente musulmani, in un paese in cui il 98% della popolazione segue l'Islam ma, come notano la gli attivisti cristiani della Commissione "Giustizia e pace" dei Vescovi cattolici pakistani, "la legge prende di mira in modo sproporzionato membri di minoranze religiose come cristiani e indù".
non va sottovalutato il caso di esecuzioni extragiudiziali, dato che leader radicali esortano i militanti a "farsi giustizia da soli", uccidendo persone ritenute colpevoli di blasfemia, anche se non sono condannate in tribunale o sono accusate falsamente. Secondo la Ong "Centro per la giustizia sociale", fondata e guidata dal cattolico pakistano Peter Jacob, a partire dal dal 1990, almeno 77 persone sono state uccise in esecuzioni extragiudiziali, in relazione ad accuse di blasfemia: tra gli uccisi vi sono persone accusate di blasfemia, i loro familiari, avvocati e giudici che hanno assolto gli accusati del reato.
(PA) (Agenzia Fides 7/10/2020)