Una verità irrisolta

Una verità irrisolta
ispirazione quindi impegno

venerdì 19 febbraio 2010

Osservatore romano 19/2

Promesse non mantenute



Roma, 19. Nemmeno un centesimo. Il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, ha dichiarato alla stampa che dopo oltre sei mesi dal g8 dell'Aquila, all'Agenzia alimentare delle Nazioni Unite "non è arrivato neanche un centesimo" dei 20 miliardi di dollari, in tre anni, per i quali i Paesi si erano impegnati per sostenere lo sviluppo e l'agricoltura nei Paesi poveri e in via di sviluppo ed eliminare la fame.
In occasione, ieri, della presentazione del rapporto sullo stato dell'alimentazione e dell'agricoltura, Diouf ha così richiamato alla responsabilità tutti i Paesi che in occasione del vertice del g8 avevano fatto promesse, "che al momento non si sono ancora materializzate". "Sappiamo - ha aggiunto il direttore della Fao - che ci vuole un po' di tempo prima che questi impegni si concretizzino, ma ormai il 2009 è alle spalle e per realizzare i nostri obiettivi restano solo il 2010 e il 2011". Dopo aver detto di non escludere che alcuni aiuti siano andati comunque ai Governi, ai canali regionali, a strutture militari e ad altre agenzie, Diouf ha precisato che la Fao ha avuto a disposizione 400 milioni di dollari per l'acquisto di sementi. Denaro, ha precisato il direttore generale dell'Agenzia dell'Onu, stanziato, però, prima del vertice dell'Aquila.
Nel rapporto sullo stato dell'alimentazione e dell'agricoltura si evidenzia anche come il consumo record di carne e di altri prodotti animali nei Paesi in via di sviluppo, l'espansione esponenziale degli allevamenti di bestiame e la globalizzazione della filiera degli alimenti animali rendano necessarie azioni concrete per una governance del settore, che sia sostenibile per le persone e per l'ambiente. In caso contrario, a farne le spese saranno i piccoli agricoltori e gli allevatori del sud del mondo, che rischiano di essere ulteriormente tagliati fuori dal ciclo produttivo. Ma concreti rischi potrebbero esserci anche per l'ecologia globale, a causa dei disastrosi effetti dell'allevamento intensivo sul surriscaldamento del pianeta, oltre alla sicurezza alimentare e alla salute nel caso del diffondersi di virus e malattie da allevamenti non controllati.
Il bestiame - spiega il rapporto - contribuisce al 40 per cento della produzione agricola globale e garantisce i mezzi di sostentamento e la sicurezza alimentare di quasi un miliardo di persone. Il rapido aumento dei redditi nei Paesi emergenti e l'urbanizzazione selvaggia, combinati con la crescita della popolazione hanno fatto impennare la domanda di carne e di altri prodotti animali in molti Paesi poveri.
Se poi si aggiunge la globalizzazione della catena per la fornitura dei mangimi, del patrimonio genetico e delle altre tecnologie, si ha una fotografia di come si sia evoluto velocemente il settore. Ma a questo dinamismo, avverte la Fao, corrisponde un sostanziale e pericoloso vuoto politico e istituzionale. Un vuoto che da una parte ostacola le potenzialità del settore zootecnico come motore di crescita per lo sviluppo e la riduzione della fame e della povertà, dall'altra aumenta la pressione sulle risorse naturali.
Al contrario, ammonisce la Fao, attraverso una politica appropriata e sostenibile e con investimenti mirati la zootecnia (un settore che entro il 2050 crescerà del 50 per cento, con un pesante impatto sulle risorse ambientali, acqua, suolo e clima, dal momento che già oggi è responsabile del 18 per cento delle emissioni globali di gas serra) potrebbe giocare un ruolo chiave nella mitigazione degli effetti del surriscaldamento del pianeta e nella riduzione dell'immissione di anidride carbonica nell'atmosfera.
In conclusione del rapporto della Fao, si legge inoltre che senza adeguate politiche di controllo, in molti Paesi del Sud del mondo si rischia di andare incontro alla diffusione di virus e malattie tra i capi d'allevamento, che metterebbero in pericolo la salute animale e, soprattutto, quella umana.

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