Una verità irrisolta

Una verità irrisolta
ispirazione quindi impegno

venerdì 30 settembre 2022

Mahsa Amini

 

il 13 settembre Mahsa Amini, 22 anni, è stata arrestata a Teheran dalla cosiddetta polizia “morale” iraniana per non aver portato in modo conforme il velo, violando dunque un obbligo del tutto discriminatorio.

 

Secondo testimoni oculari, è stata picchiata violentemente mentre veniva portata in un centro di detenzione. È morta tre giorni dopo!

 

Da quel giorno, una straordinaria ondata di proteste si è riversata nelle strade dell’Iran. Migliaia di persone stanno protestando, accanto a loro, in tutto il mondo. 

 

La risposta delle autorità iraniane è estremamente brutale: dall’inizio delle proteste sono oltre 70 le persone morte, tra cui anche dei minorenni, e centinaia quelle ferite. 

 

Chiedi l'abolizione della legge che obbliga le donne a indossare il velo, la fine della repressione e dell’impunità.


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Sulla “terra di nessuno” l’incontro tra i popoli fratelli colombiano e venezuelano; riaperto il ponte Simon Bolivar

 

AMERICA/COLOMBIA - Sulla “terra di nessuno” l’incontro tra i popoli fratelli colombiano e venezuelano; riaperto il ponte Simon Bolivar
 

Paraguachón (Agenzia Fides) - Più di 700 persone provenienti da Colombia e Venezuela, insieme alle delegazioni della Pastorale Sociale di entrambi i Paesi, si sono date appuntamento a Paraguachón, 8 km a est di Maicao, nel Dipartimento di La Guajira, l’ultimo luogo colombiano alla frontiera con il Venezuela, insieme agli abitanti delle località circostanti, per l'Incontro Binazionale sul confine colombiano-venezuelano, nel quadro della 108a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Hanno partecipato anche la first lady di Maracaibo, Vannesa Linares, e il sindaco di Maicao, Mohamad Dasuki, che hanno avuto parole di apprezzamento per questi atti di fratellanza coordinati dalla Chiesa cattolica.
All’inizio dell’incontro Monsignor José Luis Azuaje, Arcivescovo di Maracaibo (Venezuela) e Monsignor Francisco Antonio Ceballos, Vescovo di Riohacha (Colombia), hanno portato il cero pasquale acceso e del sale, che dopo essere stati benedetti, si sono scambiati in segno di fratellanza e di comune risposta alla chiamata di nostro Signore Gesù Cristo ad essere "sale della terra e luce del mondo".
Successivamente la delegazione venezuelana e quella colombiana si sono riunite per inquadrare il motto di quest'anno "Camminare insieme" e prepararsi così all'Eucaristia che è stata presieduta dal Vescovo di Riohacha, Monsignor Francisco Ceballos. Il Vescovo ha evidenziato che questo incontro avveniva nello spazio noto come “la terra di nessuno” e ha aggiunto: "Siamo qui a Paraguachón, in particolare sulla linea di confine, per celebrare la 108a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Siamo venuti in questo luogo che è emblematico, per portare le parole di Papa Francesco, che sono di accoglienza e accompagnamento del mondo migrante e del mondo dei rifugiati. Sono tanti quelli che hanno cercato la Colombia per trovare un'opportunità e poter vivere, non solo vivere, ma vivere con dignità".
Monsignor Ceballos ha sottolineato che siamo chiamati a costruire - come ha detto il Papa - la Gerusalemme terrena, per raggiungere la Gerusalemme del cielo, cioè "una città dove c'è pace, concordia, amore e solidarietà, dove tutti gli esseri umani si riconoscono fratelli".
Padre Rafael Castillo Torres, direttore del Segretariato Nazionale per la Pastorale Sociale–Caritas Colombia, ha evidenziato questo segno di unione tra i due popoli fratelli: "Quanto è bello oggi poter ringraziare Dio di essere un popolo in cammino, una comunità in cammino, e il messaggio del Santo Padre per la Giornata ‘Costruire il futuro con migranti e rifugiati’, porta luce, verità e speranza nei nostri popoli".
Nel quadro dei rapporti tra i due Paesi, si registra la riapertura del ponte internazionale Simon Bolivar, dopo 7 anni di chiusura. Si tratta della maggiore arteria terrestre che collega Colombia e Venezuela, segnando il confine, che riveste una enorme importanza dal punto di vista economico. L’atto simbolico, il 26 settembre, ha visto la presenza del Presidente colombiano Gustavo Petro, e del Governatore dello stato di Tachira, Freddy Bernal, oltre ai ministri dei trasporti e dell’industria.
Il 19 agosto 2015 il Presidente venezuelano Maduro aveva ordinato di chiudere la frontiera con la Colombia per impedire l'ingresso di paramilitari colombiani e combattere il contrabbando, nel contempo espulse un migliaio di colombiani e militarizzò il confine. Lo stesso Presidente autorizzò in seguito l’apertura del ponte per poche ore, permettendo a migliaia di venezuelani di raggiungere i centri più vicini per comprare cibo, medicine e generi di prima necessità, che ormai scarseggiavano nel loro paese.
La Presidenza del Celam e gli Episcopati dei due paesi, impegnati per la pace nelle rispettive nazioni, hanno spesso ricordato che i due popoli si sono sempre distinti per la fraternità, la solidarietà e l’unità, lamentando che le misure adottate colpivano i settori più poveri e vulnerabili, sia in Colombia che in Venezuela. In diverse circostanze hanno sollecitato pubblicamente i Presidenti di entrambe le nazioni ad incontrarsi per un dialogo che consentisse l’assunzione di impegni concreti e a lungo termine (vedi Fides 1 e 5/09/2015).
(SL) (Agenzia Fides 29/09/2022)

venerdì 16 settembre 2022

Condanne a morte in Iran: firma l'appello

 

Zahra Sedighi Hamedani è stata condannata a morte per “corruzione sulla terra” da un tribunale iraniano, solo per aver lottato per i diritti delle persone Lgbtqia+.

 

Insieme possiamo salvarla!

“Spero verrà il giorno in cui potremo vivere in libertà nel nostro paese…”

Zahra Sedighi Hamedani

 

Zahra è un’attivista non binaria per i diritti Lgbtqia+. Per il suo aspetto, la sua identità e il suo attivismo, è stata incarcerata, insultata e ora condannata a morte. 

 

Il 27 ottobre 2021 le Guardie rivoluzionarie l'hanno arrestata al confine tra Iran e Turchia, mentre stava tentando di entrare in Turchia per cercare protezione internazionale. Sottoposta a regime di sparizione forzata per 53 giorni, è stata poi  tenuta in isolamento in un centro di detenzione a Urmia. 

 

Durante questo periodo, un agente delle Guardie rivoluzionarie l’ha sottoposta a intensi interrogatori accompagnati da violenza verbale e insulti diretti alla sua identità e al suo aspetto. 

 

La storia di Zahra non è un caso isolato. Insieme a lei, anche Elham Choubdar è stata condannata a morte per il suo orientamento sessuale e la sua identità di genere. 

Chiedi alle autorità iraniane di annullare le sentenze e le condanne a morte e di rilasciare immediatamente Zahra Sedighi-Hamadani ed Elham Choubdar.

domenica 11 settembre 2022

Notizie da Semprenews

 

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